Leggendo la sua biografia, tra le sue omelie trovo questo brano: «Gesù Cristo narrò la parabola del buon Samaritano per farci intendere che la legge della carità fraterna deve essere universale. Prima cioè dobbiamo amare, aiutare e soccorrere quelli che ci sono stretti di parentela e per sangue e di poi tutti quanti, o siano barbari o colti, o cristiani o gentili, o turchi o ebrei, o cattolici o scismatici, tutti dobbiamo amarli.
Dobbiamo amare anche i nostri nemici, perdonare loro le ingiurie, e quando essi si trovano in bisogno siamo obbligati a soccorrerli per quanto ce lo permettono le nostre forze.»
In una notte gelida soccorse un ammalato: si ammalò di una polmonite che lo portò alla morte il 12 gennaio 1892.
Frà David Maria Turoldo, pure lui Servo di Maria, ha commentato in diverse occasioni la parabola del Samaritano.
Alla fine di una lunga degenza all’Ospedale su di un foglietto scrisse:
“ Più che un ricordo per chi è malato, un richiamo per chi passa accanto al malato.
A me hanno fatto sempre impressione questi 10 verbi della parabola del Samaritano:
ebbe cura di lui;
si mosse a pietà;
scese da cavallo;
si curvò su di lui;
gli versò olio e vino;
gli fasciò la ferita;
lo caricò sul suo giumento;
lo portò nel proprio albergo;
pagò per lui;
tornò indietro a pagare.
Sono i 10 verbi dell’Amore.
Ora capisco perché il Signore dice: “questo è il compendio di tutta la Legge e dei profeti”. Perciò: “ facciamo questo e vivremo”.