Faccio visita ad una amica che abita nella campagna della “bassa”.
Ha un giardino molto bello che cura con passione e competenza.
La trovo turbata . Capisco il motivo quando mi mostra un ulivo “potato” da uno sprovveduto che, improvvisandosi botanico, lo ha “violentato” senza alcun criterio.
A terra giace un cumulo di rami che contrastano tristemente con i pochi striminziti risparmiati.
Per confermarla nelle ragioni del suo disappunto le ho proposto questa poesia dell'amico Danilo Dolci:
«L’olivo non parla
ma l’uomo deve capirlo:
soffre di pidocchi, di mosche,
soffre di parassiti vegetali e animali
ma noi uomini rischiamo per gli olivi
di essere i parassiti più pericolosi.
La zicca succhia il sangue ma l’uomo tira di più.
ci sono quelli che torturano gli alberi
al massimo sfruttamento:
con molte altre ferite, anche se ci viene la gomma
l’albero torturato non si chiude mai.
E se fanno qui vicino la centrale a carbone
soffrono le alberature e la cristianità,
oliveti che a costruirli c’è voluto secoli e secoli
in poche stagioni si possono distruggere.
Noi diciamo “L’olivu ardi mortu e vivu”.
Io ci sono affezionato alle alberature.
Se poto male l’olivo
ci rovino l’alberatura.
Bisogna dare alimento e, se l’alberatura è in forte salute,
tagliando nel punto giusto il meno possibile, non infracida,
per togliere il male e aiutare che abbia tutta la sua forza.
Un albero torturato, troppo sfruttato
non può durare tanto,
come una persona.
Gli alberi al vento si mantengono gli uni con gli altri
le raffiche del vento stroncano solo sulle strade.
A batterlo, a ramazzarlo
si maltratta l’alberatura,
è la pelle che mantiene fresco dentro
se si rompe la pelle la polpa dentro secca –
come il bambino: è meglio rinforzarlo,
a dare le botte ci puoi far male.
L’alberatura si può indovinare chi è,
come un cristiano».
Mi viene a mente che anch’io, alla casa al mare, ho dovuto contrastare lo “slancio” di chi, pur mosso da buone volontà ed intenzioni, metteva mani con piglio troppo deciso ad accetta e cesoie..
Nel giardino c’è un secolare olivo.
Il pensiero va a frà David Maria Turoldo che vi fu ospite e cantò:
Albero dall'ombra lieve ...
Albero ramato di voti e speranze come non altro,
pianta dell'uomo che sogna olio fluente,
olio da versare sopra le ferite, olio
che consacri sempre un messia: olivo,
non del tuo legno son fatte le croci!
Albero di Cristo: “Anche gli olivi piangevano
quella Notte, e le pietre erano più pallide
e immobili, l'aria tremava tra ramo
e ramo: e Lui, tutto un sudore di sangue
- la bocca senza voce - mentre abbracciava la terra”.
Ma gli stessi olivi lo vedranno salire in alto
e sparire nel sole: gli stessi olivi
dai quali i fanciulli avevan strappato i rami
per corrergli incontro: una selva di rami
e di voci a cantargli d'allora l'osanna e alleluia.
Olivo, albero essenziale, dall'ombra lieve come
una carezza; e pure ossuto, e nodoso, e carico
di ferite, uguale alla vita: immagine
di ciò che più amiamo! Sempre un tuo ramo
trovi la colomba in volo dopo i diluvi ! E siano
i figli virgulti d'olivo intorno a ogni
mensa; e perfino la cenere fatta
di sue foglie d'argento plachi
le tempeste; come le stesse
del mercoledì delle ceneri mettano
in fuga anche la nostra morte.
E papa Giovanni, il padre del mondo, torni
col suo ramo d'olivo in mano...….