Sandro Bonardi Calzolari
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“Bruciare il Marzo” Vorprennen in Martzo
                                             Sandro Bonardi

             Le comunità  dell’arco alpino  nei mesi dell’anno mettono in scena riti magicamente legati ad un passato  assai antico. E più vivono in territori   isolati, più le loro tradizioni si sono conservate, segno di una cultura popolare ben radicata.
Si pensi ai falò con i loro riferimenti religiosi attuali, ma che in realtà ricalcano i roghi votivi preistorici.
Tra i grandi fuochi votivi diffusi sono quelli che salutano , dopo il rigore invernale, la primavera e  con essa l’atteso  arrivo della bella stagione..Si privilegiano cime, cocuzzoli  sovrastanti gli insediamenti per allestirvi  imponenti cataste di legna accumulata durante l’anno.

           Un esempio calzante di retaggio di remoti riti è quello di Luserna, sull’ altipiano trentino dei Cimbri, dove ogni anno  si festeggia  il “Vorprennen in Martzo” , cioè  “ Mettere al rogo il Marzo”.
Un tempo i bambini si recavano nel bosco, raccoglievano  legna per formare delle cataste  poi bruciate nella notte che separava l’ultimo giorno di febbraio dal primo di marzo. Tutta la gente del paese  festeggiava, tra canti e racconti intorno al falò, la fine del rigido inverno.

           Questa antica tradizione è ancora oggi molto viva. Nelle ultime tre giornate di febbraio, i giovani di Luserna  si aggirano  per le vie del paese con campanacci , sonagli e altri strumenti chiassosi  “ chiamando: merz! o marzo!”.  L’ultimo  giorno  poi, verso l’imbrunire,  i bambini trascinano carretti con la legna accatastata  durante  l’anno e lentamente salgono fino ad arrivare al passo della Croce (‘s Kraütz ), un tempo il luogo del  “roccolo del Tònle”.  Qui è già  strutturata  una  catasta di legna che i bambini con le loro piccole fascine, con piglio deciso, concorrono  ad alimentare.
          Al calar del buio si accende questo grande fuoco purificatorio, retaggio inequivocabile di  un rito propiziatorio di origine pagana, attraverso cui si brucia simbolicamente la fredda stagione, nell’attesa della primavera.                                                   
 La gente dell’altipiano si ritrova lì, festeggia questa tradizione attorno al fuoco  e con il bruciare  della catasta  immagina di  scacciare, tra il crepitio delle fiamme, gli spiriti maligni, il diavolo e  di bruciare il gelido inverno , il “bintarn cimbro” che lascerà all’alba il posto alla fecondità primaverile.
 Marzo è il mese del sole che  dopo il lungo  letargo, prende vigore.  Dicono i Cimbri: “Balda krakn di kre khint dar bint”: quando i corvi gracchiano arriva il vento, il vento appunto di primavera.
Dal modo di bruciare, dalla direzione di fiamme e  faville si traggono buoni o cattivi auspici, che per la civiltà popolare contadina è soprattutto il buon raccolto e quindi il benessere.

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